BERTO ROSSATO

Nel trentennale della scomparsa di Umberto Severin, in arte Berto Rossato, la Proloco Comunale di Paese si è posta l’obiettivo di onorarne la memoria con questa rassegna di sue opere. La scelta è caduta sul filone dell’arte sacra che ha rappresentato sicuramente la parte più rilevante della sua espressione artistica o, perlomeno, la più conosciuta, anche se non vanno messi in secondo piano il ritratto e la paesaggistica.
Nacque a Paese il 12 gennaio 1914 in una numerosa famiglia di contadini. Già da bambino mostrò la sua naturale inclinazione ed il suo talento per l’arte figurativa. Attorno al 1930 entrò come “ragazzo di bottega”, nell’impresa dei fratelli Soligo, di Trevignano, specializzata nella decorazione di edifici sacri e qui iniziò la sua crescita artistica. Interrotta dalla guerra, tornò alla sua passione , riuscendo ad entrare all’Accademia delle belle arti di Venezia come auditore conseguendo il titolo di “Maestro d’Arte” ad honorem. Da quel momento la sua produzione non si è più fermata, le sue opere si trovano in Italia, particolarmente in Veneto, Lombardia e Sicilia; spaziando poi anche all’estero: Giappone, Stati Uniti, Francia, Austria e Uganda. Visto il riconoscimento delle sue doti di Uomo e di Artista si può affermare che la sua vita ha anche sfatato il mito che “nessuno è profeta in patria”

 I temi del sacro nell’arte di Berto ROSSATO              VAI ALLA GALLERIA  

Come i maestri delle botteghe d’arte nei secoli d’oro Berto Rossato accettava qualsiasi commissione di lavoro, per quanto umile fosse, dalla pala d’altare all’insegna di un locale, dal ritratto alla scritta pubblicitaria, dalla quinta teatrale alla caricatura; ugualmente affrontava con maestria ogni tecnica, dalla pittura ad olio all’acquerello, dalla tempera all’encausto, dallo stucco all’affresco ed eccelleva in tutti i generi, dalla natura morta al ritratto al cavalletto, dal paesaggio all’ex voto.
La sua preferenza però andava immancabilmente all’arte sacra che cercava di perfezionare in ogni maniera, con studi, ricerche iconografiche e approfondimenti dottrinali. A questa sua predilezione, probabilmente, non è estranea la sua formazione con l’apprendistato presso l’impresa dei fratelli Soligo di Trevignano, gli ultimi rappresentanti della tradizione medievale dei “maestri comacini” che nell’Italia settentrionale costruivano e decoravano artisticamente edifici di culto che consegnavano “chiavi in mano” ai committenti.
Con loro collaborò alla decorazione del seminario vescovile di Troia (Foggia); successivamente collaborò alla decorazione della Chiesa Votiva di Treviso e di altre chiese, anche fuori dal Veneto.
Dopo la guerra, lasciato il cognome Severin con cui firmava, assunse il nome d’arte Rossato e, dopo il conseguimento del titolo di “maestro d’arte” ad honorem all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, assunse incarichi importanti come la decorazione della parrocchiale di Covolo di Piave, della Chiesa dei Carmelitani Scalzi a Treviso e la sua abilità lo portò a dipingere in Lombardia, nella chiesa di Salò, Gaino, Monte Maderno, Adro e Timoline, Iseo. Lavorò anche in altre regioni: nella cappella di “Villa Consolata” nel paese di Scandicci in Toscana, nelle chiese della Sicilia, in cui dipinse un vero cielo, fra Catania, Ragusa, Lentini e Paternò. Nell’arcipretale di Belpasso (Catania), un paese alle falde dell’Etna, realizzò il grande ciclo delle “beatitudini”con l’aiuto del figlio Eliseo; a Borgo Montenero (Latina) decorò la chiesa parrocchiale.
La maggior parte delle opere sacre di Rossato fu realizzata comunque nel Veneto, dalla chiesa di Falcade a quella di Pezzan di Carbonera, alla chiesa di Santa Teresa a Tombetta (VR), alla Chiesa dei Carmelitani a Verona e a Cavriè.
Rossato prestò la sua opera anche ad edifici di culto minori, come capitelli e oratori: dipinse un crocifisso per il capitello del Cristo in via Morganella Ovest a Paderno che ispirò anche una bellissima incisione del pittore Francesco Piazza, e realizzò un Sant’Andrea per un capitello di Castagnole, oltre ad una pittura sulle apparizioni di Fatima in via Trieste che è stata recentemente sostituita a causa del degrado che l’aveva resa irrecuperabile. Su una casa di Paderno dipinse a fresco su un supporto ligneo un Sant’Antonio da Padova col Bambino Gesù. Sempre a Paderno affrescò il soffitto della chiesetta in località Barucchella.
Una parte non trascurabile delle produzioni sacrali di Rossato si trova all’estero in quanto numerosi missionari trevigiani, nelle loro rimpatriate, avevano modo di apprezzare le qualità della sua pittura e ordinavano volentieri dei quadri per ornare le loro chiese di frontiera: in Uganda nella chiesa di Ladonga, la prima chiesa africana dedicata alla Madonna, ci sono quattro pale d’altare che raffigurano il Sacro Cuore, San Giuseppe, Santa Teresina e San Carlo Lwanga, nella chiesa di Arivo si trovano alcune stazioni della via crucis.
In Giappone nella chiesa di Kanazawa c’è una tela con San Giuseppe e Gesù Bambino.
L’opera di arte sacra in cui si profuse maggiormente l’impegno di Rossato fu sicuramente la decorazione della chiesa arcipretale di Paese realizzata nel 1956. In questa impresa Rossato coronava il sogno di legare il suo nome al paese natale e contemporaneamente di portare a termine in modo personale il progetto per la chiesa iniziato dal professor Bargellini, suo insegnante all’Accademia.
Rossato realizza una serie di dipinti che danno alle decorazioni interne della Chiesa un grande respiro, nel solco della migliore tradizione pittorica della scuola veneta: accanto alla “Gloria di San Martino”, titolare originario della chiesa, che illumina il soffitto dell’edificio, viene completata dopo ripetuti aggiustamenti una pala d’altare ispirata al Beato Giuliano Eymard, si aggiungono poi i medaglioni raffiguranti i dodici apostoli, la figura del Buon Pastore e la scena del battesimo di Gesù nel Giordano.
Con le immagini create da Rossato viene integrato armonicamente l’impianto decorativo dell’interno della chiesa sviluppatori intorno alla pala “San Martino divide il suo mantello con il povero”, preziosa opera del secolo XV di Girolamo da Treviso, che concluse la sua carriera come pittore di corte di Enrico VIII.
Anche nelle altre chiese da lui decorate Rossato cercava di sviluppare il tema prescelto in un vero e proprio ciclo pittorico; un esempio notevole è offerto dalla chiesa di San Giovanni della Croce di Treviso, retta dai Carmelitani Scalzi: nella Cappella del Carmine c’è una tela del 1947 di Berto Rossato che illustra il “privilegio sabatino” con l’apparizione della Madonna a Papa Giovanni XXII su uno sfondo di cori angelici in cui compare Santa Teresa, la santa ricompare in due tele, nelle cappelle a lei dedicate, dipinte nel 1953 che rappresentano i due incontri della santa con il predicatore San Giovanni della Croce, prima e dopo l’inizio della riforma carmelitana. 
Analogo sviluppo è presentato dalle decorazioni della chiesa di Pezzan di Carbonera dove il tema dell’Eucaristia iniziato nel soffitto, viene ripreso in una pala che rappresenta il Cristo celebrante a cui alludono anche due figure di profeti biblici che si accompagnano agli evangelisti.
Più complessa ancora è la trama del ciclo di affreschi nella chiesa di Cavriè: accanto al “Cristo in Gloria” vengono trattati episodi evangelici, come il Battesimo, la guarigione del Paralitico, il perdono della Peccatrice e la serie completa degli Apostoli di Gesù. 
Può stupire una simile complessità nei suoi progetti di arte sacra in un artista dalla preparazione principalmente didattica, ma non va dimenticato che il pittore ben conscio dei limiti della sua formazione culturale cercava costantemente di supplirvi con ricerche personali, letture e soprattutto con discussioni e approfondimenti teologici con i suoi consiglieri spirituali, Monsignor Attilio Andreatti e Monsignor Giovanni Brotto.
Di notevole giovamento può anche essergli stata la frequentazione di Frà Claudio Granzotto, futuro Beato, il grande innovatore dell’arte sacra del novecento nel campo della scultura, che negli ultimi anni della sua vita lavorava alla Chiesa Votiva di Treviso.
Per la realizzazione di opere religiose Rossato faceva un ricorso preferenziale alla tecnica dell’affresco, difficile perché richiede sveltezza e risolutezza nel lavoro, ma che gli consentiva di misurarsi con i grandi artisti del passato.
Tra i suoi modelli ispirativi figurano prima di tutto quelli colti dei grandi pittori della tradizione non solo italiana; ad esempio nel crocefisso che orna il capitello del Cristo a Paderno di Ponzano si nota il forte influsso dell’arte di Velàzquez.
Vengono poi i modelli offerti dall’iconografia popolare delle immaginette a stampa conosciute come “santini”: per esempio le immagini di Sant’Agnese, Sant’Antonio da Padova, San Giovanni Battista riproducono fedelmente quelle impresse nei santini distribuiti dai loro santuari.
Va anche ricordato che il pittore, oltre a numerosi santini, possedeva pure dei fogli di “images d’Epinal” con la serie intera dei papi di Roma e serie diverse dei principali santi protettori.
Per le sue opere sacre Rossato prediligeva sempre composizioni armoniche e bilanciate in cui presentare i soggetti in atteggiamenti plastici e inserire, sulla traccia dei grandi pittori veneti quali i Da Ponte elementi del paesaggio locale a lui caro, come casolari, filari di gelso o siepi. Anche la sua sensibilità coloristica è tipicamente veneta, con un gusto accentuato per gli accordi tonali, le sfumature e i chiaroscuri, la cura nella resa atmosferica del paesaggio, il senso vivo della luce e la delicatezza delle tinte.
Tra i soggetti sacri trattati da Rossato alcuni emergono per la loro frequenza e comunicano anche le sue devozioni più sentite, prima fra tutte quella mariana.
La figura della Madonna compare in tutti i luoghi in cui il pittore ha operato, ad esempio Falcade nella cui chiesa spicca la figura orante della “Mater mea, fiducia mea” o il convento del Carmine di Ragusa in cui rifulge una splendida Annunciazione.
La vergine compare anche sotto i titoli più diffusi, come quello del Carmelo e soprattutto quello del Rosario, pratica a cui Rossato era particolarmente devoto.
Questa speciale considerazione per la pia pratica lo ha anche condotto ad innovare l’iconografia della famosa apparizione di Fatima, da lui ricordata in un capitello come “ Madonna del rosario di Fatima”, esaltando così un particolare sottaciuto dalle abituali rappresentazioni dell’evento miracoloso.
Un eccezionale omaggio alla Madonna è l’ex voto in località Colmello a Paese: una pittura ad olio su un telo militare abbandonato dai tedeschi che nel 1945 occupavano la zona e avevano minacciato di distruggere la borgata che invece rimase indenne per l’intercessione della Vergine a cui si era rivolta la popolazione promettendo di erigere una chiesetta al posto del vecchio gelso a cui era appesa una immagine mariana.
Dopo la Madonna compare con frequenza anche Sant’Antonio, il santo nazionale dei Veneti, accompagnato dal Bambino Gesù e dall’attributo del giglio candido che fiorisce nei giorni della sua festa, che un tempo segnava l’inizio della mietitura nei nostri paesi.
Un’altra devozione cara al pittore era quella per l’Eucarestia, celebrata nella chiesa di Pezzan e soprattutto in quella di Paese in un tripudio di cieli festanti e inneggianti.
Un altro filone del sacro sviluppato da Rossato riguarda i santi protettori: Santa Barbara, patrona dei minatori, artiglieri e artificieri, celebrata in un grande quadro conservato un tempo nella polveriera di Castagnole, San Giovanni Bosco, protettore della gioventù, ritratto sia in vari quadri di proprietà privata che in opere pubbliche, come San Giuseppe patrono dei lavoratori.
Una tematica inconsueta ma congeniale al pittore per la sua indole mite e contemplativa era poi quella delle Beatitudini, sviluppata in modo articolato nel ciclo di affreschi dipinti nella arcipretale di Belpasso alle falde dell’Etna. 
Nell’arte di Rossato la religiosità è vissuta e presentata in maniera spontanea, un elemento che permea la vita senza bisogno di eroismi o retorica, in una accettazione totale della Creazione e delle sue bellezze. Rossato è un artista fedele alla tradizione ma pienamente inserito nella sua epoca e attivamente partecipe alla esistenza della sua comunità.
In lui non c’è alcuna scissione tra artista, uomo e fedele, per lui l’arte è insieme fede, preghiera e lavoro e la sua visione della natura è francescana, come emerge sia dalle sue opere che dai quadri dedicati al Santo di Assisi, appartenenti quasi tutti a collezioni private. Berto Rossato è stato un vero artista, completo tecnicamente fedele alle sue idee, poco incline al successo facile e commerciale, lontano dal potere e dalla critica, ma sostenuto da un grande amore per l’arte e da una fede sincera fortificata dalle prove di una vita resa difficile dalle difficoltà materiali e dagli eventi storici.
Il giudizio migliore sulla sua figura resta ancora quello espresso da Monsignor Giovanni Brotto nella prima pubblicazione sull’artista: “……sulla via dell’arte ha onorato, con cristiana ispirazione, la sua comunità.”
Purtroppo l’opera artistica di Rossato è poco conosciuta per vari motivi: i suoi quadri sono dispersi in tutta Italia e in tre continenti diversi, molto spesso custoditi gelosamente da qualche nostro emigrante e non è stata fatta una catalogazione che permettesse di organizzare esposizioni per farlo conoscere al grande pubblico.
Di molte opere non si conosce né il proprietario né la collocazione geografica perché Berto pressato dalle incombenze della vita e soggetto a continui spostamenti per il suo lavoro non teneva né un archivio né un catalogo e la sua corrispondenza è scarsa.
Testimonianze delle opere dei vari periodi sono state conservate dai suoi famigliari, ma non sono mai state ordinate cronologicamente o criticamente.
Sono soprattutto cartoni, foto, spolveri e bozzetti, disegni preparatori di quadri a volte non realizzati, schizzi e progetti presentati alle Commissioni Diocesane di Arte Sacra, approvati e magari non concretati per motivi vari.
E’ quindi auspicabile che nel trentennale della sua scomparsa la comunità di Paese, in memoria della intensa attività di animazione culturale e ricreativa da lui svolta per molti anni, riesca a raccogliere le testimonianze più significative della sua arte prima che il tempo le faccia scomparire assieme agli ultimi depositari. 
Emanuele Bellò